IL DIARIO DELL ‘ AGRARIA

12 giugno 2023

Dall’ orto di scuola ai giardini botanici di Villa Taranto

di Giorgia Ferrero

Appena ho messo piede nel parco mi è sembrato di essere entrata in un giardino reale, i colori dei fiori, con le loro sfumature e il profumo intenso, mi ha intrisa di serenità: in un lampo ero più leggera.

Proprio all’ingresso, si può accedere al Viale delle conifere che ospita esemplari provenienti da tutto il mondo, dopo un grande esemplare di abete bianco si incontrano:

• Cunninghamia lanceolata
• peccio di Likiang
• peccio del Caucaso
• abete del Caucaso
• pino di Monterey
• cipresso di Lawson
• peccio del Colorado
• Pinus patula
• pino di Montezuma
• due Sciadopitys verticillata (questi ultimi sono alberi a crescita molto lenta).

Al termine del viale delle conifere si giunge alla fontana dei putti, una vasca quadrilobata su basamento quadrato circondata da aiuole che in primavera ospitano piccole piante da fiore e in estate sono dominate dalle grandi foglie della tropicale colocasia esculenta, i cui rizomi vengono ripiantati tutte le primavere.

Oltre alla fontana e alle varietà dipinte si può trovare la cappella di forma ottagonale dedicata a Sant’Antonio da Padova, la quale si trova in quella zona del parco che ospita, in un sarcofago di granito di Baveno, i resti del capitano McEacharn.

La struttura venne fatta erigere nel 1965 per rispettare il desiderio di McEacharn di essere sepolto nel giardino a cui aveva dedicato gran parte della sua esistenza, le sette vetrate colorate raffigurano i fiori da lui più amati. La cappella si affaccia su una vasca di ninfee ed un sentiero erboso con bordure di piccole piante erbacee a fioritura estiva.

Un’esperienza felice, che profumava d’estate già in tempo di primavera.

02 giugno 2023

L’orto didattico: il nostro piccolo orticello inclusivo

di Sofia Calligaris

Durante la settimana scolastica qui all’agraria, i ragazzi si divertono nel pulire e curare il loro orto.

Si tratta di un piccolo appezzamento di terra di proprietà della scuola, utilizzato dai nostri professori pratici e dai nostri compagni, nel tentativo di creare una piccola produzione scolastica.

Ecco l’illustrazione dei vari passaggi di realizzazione dell’orto.

Come possiamo vedere, si passa da un terreno incolto a un piccolo tesoro produttivo!

Il tutto formato da piccole dune di terra concentriche sulle quali vengono coltivati i prodotti e vari casi contenenti fragole e fiori.

Ricordiamo inoltre che in questo orto si raccoglie ciò che le piante producono spontaneamente, senza concimi o sostanze chimiche, ma solo attraverso azioni di estirpazione delle malerbe (specie infestanti).

Cosa si coltiva qui?
Possiamo trovare dell’insalata, delle cipolle, dell’aglio, delle fave, patate, zucchine, zucche, prezzemolo, ravanelli, pomodori, cetrioli, piselli, mais… e molto altro ancora!

I ragazzi ovviamente sono i pilastri del funzionamento di questo piccolo sistema a “chilometro zero“. Infatti, dopo aver raccolto i prodotti, questi vengono venduti al chiosco presente all’interno della nostra scuola.

Ma cosa si intende per orto didattico e inclusivo?
Con questo termine noi intendiamo un luogo dove stare in compagnia e divertirsi lavorando.

È uno spazio aperto e appartenente a tutti, di tutte le classi e sezioni, per questo si parla di “inclusivo“.

Ovviamente non si tratta solamente di una fonte di svago, infatti qui ci si dà da fare e si imparano molte cose!

Ognuno di noi contribuisce, facendo ciò che l’orto necessita, il tutto sotto la guida dei nostri professori.
Si tratta perciò anche di un ambito “didattico” in cui i nostri insegnanti ci spiegano sul campo i diversi funzionamenti delle specie coltivate.

22 maggio 2023

CENTRALE IDROELETTRICA: funzionamento e agibilità

Diamo un’occhiata alla vicina Entracque, conosciuta per la sua centrale, prima in Italia per potenza.
di Sofia Calligaris

Questa è stata la meta della nostra ultima uscita didattica, accompagnata, purtroppo, da un tempo non del tutto favorevole.

Si tratta di un argomento a noi oggi conosciuto: l’utilizzo di energie rinnovabili.
L’acqua ne fa parte e questa centrale idroelettrica è stata creata per garantire energia elettrica a tutto il paese di Entracque, sfruttando la pressione dell’acqua di bacini montani.

Oggi questa centrale è utilizzata come “riserva“, messa in azione in casi di necessità, quindi quando occorre più energia.
Vediamo ora il suo funzionamento:

Come visto dall’illustrazione, si tratta di un’ attività reversibile, che si aziona sia di giorno che di notte, con la forza dell’acqua, anche perché i processi di attivazione e spegnimento sono lunghi e costosi.

Di giorno, dai bacini della Piastra e della Rovina (mantenuti dalle dighe) l’acqua è incanalata in condotte forzate, posizionate obliquamente. In questo modo la sua pressione aumenta ed arriva a tutta velocità nella centrale. Qui colpisce la turbina, che inizia a ruotare e che a sua volta attiva l’alternatore. Toccherà poi al trasformatore innalzare la corrente elettrica che verrà portata alla rete locale. L’acqua residua arriverà, con canali di scarico, al bacino a valle (del Chiotas).

Di notte, invece, accadrà l’esatto contrario. L’energia in eccedenza attiverà l’alternatore, il quale passerà a motore. Si azionerà perciò la turbina che, come una pompa, aspirerà l’acqua dal Chiotas e la riporterà ai bacini superiori.

10 maggio 2023

OGM e Selezione genetica. Tra curiosità e miti da sfatare

di Rebecca Ronco

A partire dal primo anno, per noi studenti dell’agraria, tecniche di allevamento, biologia o etica e produzione, sono argomenti trattati fin da subito. Uno dei dibattiti “secondari” che argomenti del genere portano con sé sono gli OGM.

Gli OGM sono un argomento molto discusso ma ancora poco conosciuto.
Quindi, prima di discutere vantaggi e svantaggi, spieghiamo le differenze tra OGM e selezione genetica.
Per OGM si intende “organismi geneticamente modificati”, quindi esseri viventi il cui DNA è stato fisicamente alterato da scienziati che lavorano nell’“infinitamente piccolo”. La selezione genetica consiste invece nell’ incrocio continuo di individui con caratteristiche utili al fine di ottenere i soggetti desiderati.

Mito 1: in Italia sono vietati gli OGM

Si tratta di una mezza verità: in Italia non è consentita la coltivazione di OGM a scopo alimentare, ma non è vietata la sperimentazione a scopi di ricerca e inoltre gli OGM sono stati usati in campo medico per anni, per esempio sfruttando alcuni batteri geneticamente modificati per produrre insulina per chi soffre di diabete.

Mito 2: OGM e selezione genetica sono sempre male

Non è sempre detto! Gran parte della nostra alimentazione si basa su organismi altamente selezionati o modificati geneticamente. Un esempio lampante sono le banane: tramite mutazione genetica abbiamo indotto la “partenocarpia” (produzione di frutta senza semi) e selezionato le varietà più dolci e produttive per ottenere le banane come le conosciamo oggi. Lo stesso è accaduto con l’anguria, aumentandone drasticamente la produttività.
Bisogna fare attenzione però: con troppe modifiche genetiche e selezione si rischia di diminuire la varietà genetica della specie e portare con sé svariati caratteri svantaggiosi, diminuendo il benestare del singolo individuo. Basti pensare ai pastori tedeschi, selezionati abbassando sempre di più le loro anche, causando una malattia ereditaria detta Displasia delle anche, che causa problemi a camminare, dolori, difficoltà a sedersi e salire le scale.
Esempio anche più drastico sono i carlini, selezionati per il loro muso corto. Questa selezione ha portato ad estremi problemi respiratori dovuti ad una vera e propria deformazione del cranio e del setto nasale.

Tutto considerato, OGM e selezioni genetiche sono pratiche con un grande potenziale, ma che ancora richiedono studi e ricerche.

04 maggio 2023

Concerti in alpeggio

di Giorgia Salemi

Dopo anni e anni di scuola, ormai tutti sanno che un bovino ha quattro stomaci, essendo un ruminante, che la sua lingua è ruvida per afferrare meglio il foraggio e che, quando a volte sembra fare le linguacce, in realtà sta iniziando il processo di ruminazione.
Durante la gita di tre giorni in Valle d’Aosta, abbiamo visitato diversi allevamenti di bovini da latte e da carne. I proprietari ci hanno spiegato che, avendo le montagne a due passi da casa, d'estate i loro animali vanno in alpeggio. Sollevando lo sguardo e rivolgendolo verso quelle enormi distese di erba,
mi sono venuti in mente le piacevoli passeggiate estive che, durante il periodo estivo, facevo con mia nonna lungo le stradine di montagna, e il rumore lontano ma assordante dei campanacci appesi al collo delle vacche mentre erano in alpeggio. 

Spesso mi chiedevo per quale motivo ogni bovino in alpeggio avesse un enorme campanaccio,  se mai gli desse fastidio o pesasse troppo. Nonna non sapeva rispondermi precisamente, diceva che così il loro allevatore avrebbe saputo riconoscerlo, nonostante ne suonassero un centinaio. Sembrava un concerto.

Le utilità del campanaccio sono tante. Oltre a permettere all’allevatore di trovare la vacca che cerca (che orecchio fine deve avere per riconoscerne il suono!) e di capire se qualcuna si stia allontanando troppo dalle altre, aiuta la mandria a non separarsi quando c’è nebbia. Inoltre, avverte  gli automobilisti che, nelle strade
fuori dai centri urbani, possono ritrovarsi a volte le vacche in carreggiata.
In base al suono dei campanacci, l’allevatore può distinguere il maschio dalla femmina. Il suono maschile è duro, grezzo, ruvido, cupo, piacevole da sentire da vicino ma difficilmente avvertibile da lontano; il suono femminile è più dolce, chiaro e si ode anche da lontano.
Ormai da millenni il campanaccio è diventato un simbolo. Infatti, durante le transumanze, bovini di qualsiasi razza vengono spesso abbelliti e ornati proprio con queste enormi campane. I campanacci da pascolo sono più ridotti, corrispondono al peso di una borsetta a tracolla, e ciascun allevatore va fiero del proprio concerto di
campanacci,  un’armonia che accompagna le lunghe ore di solitudine e diviene memoria degli animali e degli alpeggi che si sono susseguiti.

13 aprile 2023

Agricoltura Fai da te:
metodi innovativi per seminare

di Sofia Calligaris

Materiali:
-semi di prezzemolo;
-semi di ravanelli;
-un rastrello;
-della terra e… un pizzico di ingegno!

Ecco ciò che abbiamo utilizzato io e i miei compagni di classe durante la nostra ultima lezione di pratica all'aperto di circa due settimane fa.
Dopo aver ricevuto le prime dritte da parte del professore, ci siamo messi all'opera.
Siamo partiti da semplice terra (ovviamente lavorata, perché la terra dev'essere, perlomeno, zappata di recente); successivamente, maneggiandola (facendo così riaffiorare ricordi di quando eravamo bambini e costruivamo castelli di sabbia sulla spiaggia), abbiamo creato dei bordi rialzati (che circondavano il nostro piccolo appezzamento) per evitare la dispersione dell'acqua. A questo punto sono subentrati l'ingegno e la creatività del nostro professore, che ha inventato un paio di attrezzi con scarti di legno e qualche vite.

Di seguito due disegni (molto semplici ma chiari) che illustrano ciò che abbiamo realizzato.

1. Con il primo attrezzo abbiamo rifinito i "confini" del nostro terreno, creato leggermente a duna per risparmiare spazio.

2. Con il secondo attrezzo abbiamo creato dei leggeri solchi nel terreno in cui abbiamo posizionato i semi: in una duna semi di prezzemolo e nell'altra di ravanelli, coperti poi da terra che abbiamo sparso delicatamente sulla superficie (ci siamo anche divertiti a lanciarcela addosso, ovviamente quando il professore non c'era).

Il tutto è stato poi orgogliosamente innaffiato, constatando l'efficacia dei nostri piccoli "castellini di terra" creati in precedenza.

In attesa di sapere se il nostro lavoro darà dei buoni frutti, siamo riusciti a comprendere un concetto molto semplice: per coltivare non sono sempre necessari attrezzi specifici e in grande quantità, perché con un po' di creatività e di impegno si può creare tutto da sé ed utilizzarlo nel migliore dei modi.

31 marzo 2023

LO SAPEVI? I COLEOTTERI MUOIONO PER VIVERE

di Giorgia Salemi

Qualche giorno fa, io e i miei compagni di classe abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il famoso entomologo italiano Gianfranco Curletti, volontario come curatore al Museo Civico di storia naturale di Carmagnola.
Studioso e amante degli insetti da molti anni, ci ha raccontato dei suoi incredibili viaggi in Africa, Australia, Sud America e della sua partecipazione ad alcune spedizioni internazionali in Gabon, Madagascar, e Panama per poter studiare più da vicino i Coleotteri Buprestidi.

Inizialmente ci ha spiegato alcuni concetti generali sull’entomologia (lo studio degli insetti), che noi alunni, grazie allo studio approfondito con il professore di biotecnologie agrarie, già sapevamo.
E’ stato bello poter rispondere in modo diretto e deciso, oltre che corretto, alle domande che ci venivano poste dal Dottor Curletti, scioccandolo completamente per le nostre approfondite conoscenze. Abbiamo reso il nostro professore fiero di noi!

Ciò che più mi ha interessato di questo incontro è stata una particolarità molto interessante sui Coleotteri Buprestidi, cioè la tanatosi. Con una recitazione degna di un Oscar, questi insetti si accasciano a terra con le zampe all’aria, paralizzandosi completamente, sperando di non essere mangiati dai predatori o di fuggire dal pericolo che li ha terrorizzati.
Pensandoci è davvero buffo vedere un coleottero di 7cm morire per poter vivere.
Ebbene sì, in Sud America sono presenti insetti ben più grandi di quelli che ci sono qua in Italia (fortunatamente, aggiungerei!) e Gianfranco Curletti ce li ha potuti mostrare da vicino all’interno di una teca.

Tutto molto interessante e affascinante, ma che impressione!

13 marzo 2023

DAI BANCHI ALLA NATURA

di Daniele Tosco

Quante volte ci capita, durante le lezioni a scuola, seduti da ore su una sedia, di volerci alzare, di voler andare a farci un giro, magari all’aria aperta? Sicuramente spesso.

All’agraria questo non è solamente un desiderio, è realtà. Si va varie volte fuori, vengono, infatti, alternate sovente le lezioni teoriche, riguardo le materie di indirizzo, a quelle pratiche. In classe viene introdotto l’argomento, viene spiegato, se ne parla e si dà spazio alle domande degli studenti. Poi si esce, si va all’aperto e viene mostrato, sul campo, l’argomento trattato. Si fanno esempi concreti, vengono eventualmente mostrate azioni manuali che possono servire o attinenti a ciò che si è affrontato in classe. Questo può avvenire a fine delle lezioni teoriche oppure può essere integrato: un po’ di teoria, poi pratica, poi di nuovo teoria.

Inutile dire che quando gli studenti scoprono che “questa lezione si esce” sono felici, la vedono un po’ come una liberazione, ma allo stesso tempo sono consapevoli che è una grande fonte di insegnamento. La voglia di imparare ed eseguire al meglio è molta, anche se non sempre l’attenzione è ai massimi livelli!

Un esempio è quello riguardante gli alberi, argomento che viene trattato a livello generale, poi vengono approfondite le diverse parti: le foglie, i rami, il tronco. Quando si esce vengono mostrate le parti come sono davvero, a pochi centimetri dagli occhi degli alunni, che possono osservare e applicare ciò che è stato studiato in precedenza. Viene, durante successive lezioni, mostrata la potatura, il professore la esegue come andrebbe fatta, argomentando e motivando le azioni che compie; in seguito viene fatto provare anche agli alunni, perché possano cimentarsi, prendere la mano, sbagliare anche, perché, in fondo, “sbagliando s’impara”. La potatura non è molto semplice da eseguire, bisogna fare molta attenzione, a primo impatto potrebbe quasi pensare di star facendo male alla pianta, ma in realtà non è così, anzi, è un’azione che ne migliora il benessere e l’equilibrio!

Questo è quello che succede all’agraria. È un metodo che funziona molto bene, soprattutto quando ci sono gli elementi che ne permettono l’attuazione. Gli studenti, staccando un po’ dalla classica lezione e uscendo fuori, sono più invogliati a seguire, a imparare, è tutto più bello e sereno.

Le piante sono contente di avere compagnia ogni tanto!

7 marzo 2023

L’agraria non è solo zappare!

di Rachele Matina e Giorgia Salemi

L’altro giorno sono andata a casa di una mia amica e, mentre parlavamo di come procede a scuola, si è stupita di quanto in realtà all’agraria si studi. I suoi genitori, che erano lì vicino, ci hanno sentito parlare e si sono incuriositi. Anche loro non pensavano si studiasse così tanto: ritenevano che l’agraria fosse una scuola esclusivamente pratica. Di conseguenza ho detto loro che senza la teoria non esisterebbe la pratica e che altrimenti non sapremmo neanche “zappare” 😀
È normale avere dei pregiudizi sull’agraria a causa delle poche e sbagliate informazioni su di essa, ma noi… vi raccontiamo la verità!

Innanzitutto questa scuola non ci forma ad essere “contadini”, ma agricoltori e futuri imprenditori di aziende agricole. Vi facciamo qualche esempio:

Dal terzo anno in poi, abbiamo appreso i vari passaggi per creare da zero qualunque tipo di azienda nell’ambito agricolo. Ogni volta che lo diciamo, ci sentiamo troppo esaltate!
Abbiamo assimilato nomi e terminologie specifiche di specie animali e vegetali. Un modo simpatico per ricordarceli è associarli a cose di vita quotidiana. Per esempio per ricordarmi il nome scientifico della margherita, ho pensato a mia sorella. Da quando l’ho imparato la chiamo Pratolina, che è il nome comune della margherita. Perché l’ho fatto? In latino il nome scientifico della margherita è Bellis perennis, proprio come lei (bella perennemente) 🙂
Ci siamo anche dedicati alla raccolta di diverse specie di piante per il progetto dell’erbario. Quando siamo andati nel boschetto vicino scuola, alcuni compagni non si rendevano conto di star calpestando piante che avremmo dovuto raccogliere per il progetto. Nonostante questo, però, ce la siamo cavata! 😀

Con questo articolo inauguriamo una nuova rubrica: il Diario dell’agraria. Alcuni studenti pubblicheranno aggiornamenti periodici sulle attività svolte nella sezione agraria del nostro istituto, in modo da far conoscere meglio i lavori che vi vengono svolti e le altre iniziative interessanti della nostra scuola. Buona lettura!